Casale Cremasco, dipendenti della Danone in lotta contro la chiusura

La chiusura della Danone di Casale Cremasco entro il luglio dell’anno prossimo colpirà gli 87 dipendenti cremaschi e i 13 impiegati degli uffici di Milano dando nello stesso tempo un altro scossone all’economia e all’occupazione del territorio provinciale di Cremona, dove i disoccupati sono già migliaia, oltre ai milioni di persone rimaste senza lavoro nel nostro Paese. La multinazionale francese intende semplicemente andarsene, da quanto si è venuto a sapere finora, come già hanno fatto a Crema la Van den Bergh, la Ametek e la Tamoil a Cremona, per non parlare delle piccole imprese chiuse o in crisi. Un volantino di Rifondazione diffuso oggi propone che nessuno sforzo debba essere tralasciato per salvaguardare l’occupazione e l’unità produttiva, senza escludere alcuna forma di lotta, da una campagna nazionale per il boicottaggio dei prodotti Danone fino all’autogestione dello stabilimento. La fabbrica deve restare con tutte le attrezzature che contiene, poiché il lavoro può proseguire: il bilancio della singola azienda non giustifica la chiusura. La mobilitazione dei dipendenti stessi e dei sindacati è già scattata da subito, appena diffusa la notizia: si svolgono scioperi e presidi davanti ai cancelli, le istituzioni si impegnano ai vari livelli per salvare la fabbrica. Da parte propria Rifondazione ha chiesto ai parlamentari europei della lista L’altra Europa con Tsipras un intervento dell’Ue e pressioni sull’azienda in collaborazione con i parlamentari francesi. Se la Danone vuole andarsene, i lavoratori vogliono continuare e la fabbrica, nell’interesse di tutti, può farcela.