Cremona. Soltanto quattro anni dopo emerge un dramma consumatosi nella sala parto dell’Ospedale Maggiore di Cremona nella primavera 2010. Un bambino ha subito danni durante la nascita attribuibili al personale sanitario. La responsabilità dell’ospedale è stata individuata dal Ctu, il Consulente tecnico d’ufficio del tribunale: soltanto i sanitari, nessun altro fattore, potevano essere indicati come colpevoli secondo la perizio e del Consulente del tribunale. A quel punto l’azienda ospedaliera, che già aveva chiesto l’intervento della compagnia d’assicurazioni Milano e si era costituita contro i genitori della vittima del danno, ha scelto di accogliere la richiesta di risarcimento voluta dai genitori. L’ospedale, dunque, ha scelto il danno economico minore, il pericolo più lieve per il bilancio, e, si può aggiungere, tempi più rapidi e un danno d’immagine. Niente tribunale bensì accordo bonario. L’azienda di Largo Priori ha quindi provveduto in questi giorni, esaminate tutte le possibilità, di versare all’avvocato Attilio Guarneri 73’978 euro per la complessa attività svolta. Una somma notevole, che dà misura dell’importanza anche economica del caso. È stata invece l’assicurazione Milano a versare il risarcimento alla famiglia, di cui l’ospedale non ha reso noto l’importo.
Meno pesante ma decisamente spiacevole la conclusione del trattamento sanitario subito, è il caso di dirlo, da un paziente dell’ospedale di Crema, anch’esso più volte alle prese con contestazioni e richieste di risarcimento danni. Dopo nove anni, nel caso che risale al 2005, all’uomo è stato riconosciuto un danno biologico fra il 5 e il 7 per cento. Per evitare il tribunale e un importo maggiore la direzione ha versato oltre 6mila euro per mettere fine alla vicenda. L’ospedale sottolinea che non si tratta di colpa grave.
È arrivata invece in tribunale e si è conclusa vittoriosamente la causa di un gruppo di dipendenti dell’ospedale di Crema, che ha denunciato l’azienda di non riconoscere in busta paga il tempo dedicato a indossare la divisa necessaria per lavorare in reparto. Sono tre i ricorsi e in tutto 25 i dipendenti, cui è stato riconosciuto un quarto d’ora per cambiarsi, sia all’entrata che in uscita. Soldi che l’azienda non aveva versato e che ora, condannata il 7 luglio, deve rimborsare: in tutto circa 27mila euro, più i 9mila da versare all’avvocato. Con gli interessi il totale arriva a 41mila euro per la particolare controversia.