Ritmi schizofrenici di lavoro, carenza d’organico per l’assistenza di base, situazione generale fuori controllo. La lettera firmata da una trentina di dipendenti di Neuroscienze, e arrivata al direttore medico dell’Ospedale Maggiore, Leonardo Galli, oltre che al direttore sanitario, Camillo Rossi, e per conoscenza alla medicina del lavoro, segnala le difficoltà in cui si è imbattuto un progetto apprezzato anche dai sindacati come l’intensità di cura. Con questa innovazione il paziente viene inserito in tre diverse fasce, a seconda della gravità della malattia: alta, media o bassa. Chi si trova in fascia alta viene curato prima di altri che possono attendere, senza ovviamente che la loro salute ne risenta. La suddivisione dei pazienti per reparto passa in secondo piano, anzi sono possibili accorpamenti. Neuroscienze infatti fonde due reparti, Neurologia e neurochirurgia, che però vivono come due separati in casa:il matrimonio pare fallito. A Casalmaggiore il progetto dell’intensità di cura funziona, ma a Cremona ci sono difficoltà.
La lettera dei trenta dipendenti è aspra, pugente. Emerge la critica che l’improvvisazione e la fantasia nel risolvere i problemi non si allineano con il concetto di sicurezza anzi sono più vicine a quelli di imprudenza e negligenza. I due gruppi di professionisti provenienti dai due diversi reparti non si sono amalgamati: colpa della mancanza d’addestramento unita alla formazione preventiva del personale che non viene attuata. I dipendenti hanno dovuto cambiare specialità da un momento all’altro e dopo un mese e mezzo i problemi restano e rischiano di ricadere sui pazienti. La formazione sul campo annega nel caos del lavoro quotidiano, a ritmi schizofrenici da un mezzo reparto all’altro. Frustrazione, stanchezza e stress psicofisico del personale diventano ormai un rischio. Occorrono operatori sanitari (gli ausiliari formati per svolgere attività più impegnative) senza limitazioni fisiche e professionalmente autonomi. L’ammalato inoltre non è al sicuro se viene continuamente spostato da un letto all’altro. Le stanze di degenza, poi, sono troppo piccole per pazienti con difficoltà di movimento. Il direttore Leonardo Galli, che vanta un’esperienza decennale, è stato chiamato, con gli altri massimi dirigenti, a dare una soluzione degna della validità del progetto. Paolo Zignani