64° Giornata nazionale per le vittime sul lavoro

Domenica 12 Ottobre ricorre la 64° Giornata Nazionale per le Vittime del Lavoro, coinvolgendo 50mila persone in tutto il Paese con manifestazioni ed iniziative in nome della sicurezza sul lavoro, della prevenzione e della tutela delle vittime.
Un’opportunità preziosa quella proposta dall’ANMIL (Associazione Nazionale fra Lavoratori Mutilati e Invalidi del Lavoro) perché consente una riflessione collettiva su un’emergenza che non conosce tregua. Perché la tragica storia delle morti bianche continua.
Nel solo mese di luglio, gli infortuni mortali sono stati 100, ad esclusione di quelli in itinere. Così, nei primi sette mesi del 2014 sale a 431 decessi il drammatico bilancio delle morti bianche nel nostro Paese. E purtroppo i dati diventano ancor più inquietanti osservando le rilevazioni del nostro Osservatorio degli ultimi tre anni. Dal 2011 al 2013 sono state 1515 le vittime registrate nel solo ambiente ordinario.
Nella maggior parte dei casi gli infortunati avevano un’età compresa tra i 45 e i 54 anni (354 vittime nel triennio), insieme agli ultrasessantacinquenni (346). Ed è proprio quest’ultima fascia d’età la più coinvolta dal dramma nel settore agricolo: nel 2013 il 48,6% dei lavoratori (101), 2012 il 43% (77 casi) e nel 2011 il 42,5% (93 casi).
La principale causa di morte in agricoltura è il “ribaltamento di veicolo/mezzo in movimento” (124 nel 2013, 84 casi nel 2012, 101 nel 2011), nello specifico, molto spesso si tratta del ribaltamento di un trattore con 119 casi nel 2013 (su un totale di 130 casi avvenuti per ribaltamento), 79 casi nel 2012 (su un totale di 97 casi), 97 casi nel 2011 (su un totale di 121).
Un aumento preoccupante e significativo sullo stato dei veicoli agricoli. Spesso, infatti, gli incidenti si verificano a causa dell’inadeguatezza dei vecchi mezzi agricoli utilizzati per lo svolgimento dell’attività; mezzi che non sono stati sottoposti ad adeguamenti e alle più recenti indicazioni di settore. E a rischio è anche il settore delle “Costruzioni”, anche se in termini assoluti, ha subito una forte diminuzione dei casi nell’ultimo anno: 84 casi nel 2013, 120 casi nel 2012 e 122 nel 2011; ma è probabile che il decremento registrato sia dovuto alla crisi economica che ha colpito il mercato dell’edilizia.

La causa di morte più frequente in questo settore è la “caduta di persona dall’alto” (42 casi nel 2013, 64 nel 2012 e 61 nel 2011). E gli infortuni più numerosi sono conseguenti a cadute da altezza compresa tra 1 e 10 metri; confermando che non servono grandi altezze per morire e segno che non sono state adottate le misure di sicurezza previste per tale tipologia di lavoro.
In base alle informazioni disponibili sulle morti per caduta dall’alto, il lavoratore non aveva indossato dispositivi di protezione individuale adeguati. Questo fenomeno ha dimostrato la scarsissima attenzione ancora oggi posta alla corretta “progettazione” del lavoro in quota, il quale deve prevedere adeguate opere provvisionali e/o dispositivi di sicurezza di trattenuta al fine di tutelare i lavoratori”.

Le donne decedute sul lavoro nel 2013 sono state 19, mai così tante negli ultimi quattro anni; più che raddoppiate rispetto al 2012 quando erano 9.

Analizzando le modalità con cui si perviene all’infortunio mortale, è possibile rilevare spesso una grave carenza di cultura della sicurezza. Non è mai sufficiente ripetere che questo aspetto impatta non solo sulla sensibilità del lavoratore in merito ai rischi, ma anche e soprattutto sull’errata scelta delle modalità esecutive del lavoro (procedure) e, più in generale sulla non corretta progettazione del lavoro (per esempio, in merito alla scelta delle attrezzature adeguate, di idonei apprestamenti e di dispositivi di protezione), trascurando completamente la preventiva predisposizione di idonee misure necessarie a salvaguardare la sicurezza di chi opera.