E’ stato sequestrato dalla Procura della Repubblica di Cremona il forno 2 dell’acciaieria Arvedi, che sarà autorizzato a ripartire solo dopo aver verificato le condizioni di agibilità e sicurezza necessarie. L’intervento della magistratura, precisamente del procuratore Roberto Di Martino, segue tre incendi verificatisi in tre settimane, dal 10 ottobre al 3 novembre, giorno in cui si è verificata una serie di esplosioni che ha fatto tremare le abitazioni del circondario. Dal 10 ottobre, inoltre, è stata attivata la cassa integrazione per il fermo improvviso di diversi impianti. Lo stop alla produzione, inevitabilmente, ha rallentato l’attività del tubificio e della zincheria, mentre sono stati acquistati coils d’acciaio da altre acciaierie, come hanno confermato i sindacati, per proseguire le lavorazioni, attualmente in corso.
Diversi i fronti su cui è impegnata in questo periodo l’Arvedi. Infatti l’acciaieria, grazie al raddoppio del complesso industriale che sorge fra Cavatigozzi e Spinadesco, ha aumentato la produzione ma deve ancora ottenere l’autorizzazione necessaria, ovvero un aggiornamento dei dati, già respinto nel 2013. Per questo l’8 agosto è partita, da parte dell’industria cremonese, la richiesta all’amministrazione provinciale di avviare la procedura necessaria. E la risposta della Provincia ha riservato una sorpresa, poiché stringe i tempi: l’azienda siderurgica avrà solo dieci giorni di tempo, che scadono a fine mese, per presentare tutti i documenti necessari per ottenere l’aggiornamento dei dati, altrimenti la richiesta verrà rigettata. E’ stato il settore Territorio, il cui dirigente è Maurizio Rossi, a rispondere con una richiesta di documenti integrativi, che chiariscano quale sia il reale impatto ambientale dell’industria. L’Arvedi ha sporto anche un ricorso al Tar contro il piano di risanamento acustico prescritto dall’amministrazione provinciale, settore Ambiente, e comunque anche il settore Territorio chiede i dati dell’impatto acustico. Va poi precisato, chiede ancora la Provincia, quale sia il consumo di suolo per le discariche, quanta acqua sarà necessaria e quanta energia. L’aumento di produzione, inoltre, che conseguenze ha sull’aumento delle emissioni di sostanze inquinanti nell’atmosfera? E gli scarichi nei corsi d’acqua come cambiano? E occorre anche chiarire con precisione come si svolgerà il monitoraggio sugli impatti ambientali. Paolo Zignani