Minacce ad Alberto Stasi: in aula Montani

“Non volevo minacciare Alberto Stasi, io avevo paura di lui. Scrivevo quello che mi diceva Chiara, con cui comunicavo anche dopo la sua morte perché ho questo dono fin da bambina”. Si è difesa così nel suo interrogatorio Maria Grazia Montani, imputata a Milano per diffamazione e minacce aggravate nei confronti del 34enne, condannato per l’omicidio della fidanzata e bersaglio di minacce e insulti su una pagina Facebook dal nome ‘Delitto di Garlasco: giustizia per Chiara Poggi”, aperta nel 2009. La donna, 51 anni, ha sostenuto di “parlare quotidianamente” con la ragazza uccisa nel 2007 e di inviare degli sms con i suoi messaggi alla madre della giovane. Come ha cercato di spiegare ancora stamani in aula, sarebbe stata proprio la 26enne uccisa nella sua casa di Garlasco a dirle di leggere alcuni “articoli di giornale” relativi al delitto. “Mi parlava anche nel sogno – ha affermato l’imputata – e alcune volte mi svegliavo urlando”. La donna ha poi dato la sua versione riguardo ad un incontro con Stasi avuto a Milano nel parcheggio della stazione Famagosta, nel settembre 2013. Riguardo a questo episodio, l’ex bocconiano (in carcere a Bollate dopo la condanna definitiva a 16 anni di carcere per l’assassinio della sua fidanzata) ha detto di essere stato pedinato e fotografato da Montani. Stasi, infatti, parte civile nel processo, è stato sentito in aula nei mesi scorsi. “Mi trovavo lì perché in quel periodo, tre volte alla settimana, andavo a casa di mio padre a fare le pulizie. Quel giorno è stata Chiara a dirmi che Stasi si trovava in auto – ha detto l’imputata – per questo sono uscita e ho scattato prima una foto alla mia macchina e poi alla sua. A quel punto l’ho visto accovacciato sul sedile posteriore”. Rispondendo ad una domanda del legale di parte civile, Giada Bocellari, che le chiedeva come faceva a sapere che proprio quella era la vettura dell’uomo, ha detto: “Lo sapevamo tutti qual era la sua macchina. Lo abbiamo letto sui giornali”. L’imputata ha sostenuto che i post avevano come fonte “i giornali” e un libro inchiesta sul delitto. Post, come ha raccontato lo stesso Stasi in aula nella scorsa udienza, in cui vi erano epiteti come “bastardo” e accuse come “corruzione di periti e giudici e di vendita di organi umani” e di “rapporti di parentela con i clan”. Inoltre, ha affermato lo stesso 34enne, vi erano anche dettagli “sulla mia vita personale. Cioè che facevo festini a sfondo omosessuale e gay” e “che assumevo sostanze stupefacenti”. Molte anche le minacce: “Stasi sei finito – ha ricordato – la pagherai, non basteranno i proiettili a fermare la parola divina”. L’udienza è stata aggiornata al prossimo 18 giugno per le conclusioni del pm, della parte civile e del difensore dell’imputata, l’avvocato Adriano Bazzoni.