Brescia Le risorse pubbliche restano le stesse ma i bisogni e le esigenze della popolazione aumentano. L’ambito è quello dei servizi sociali rivolti agli anziani, persone ultrasessantacinquenni – anche se poi da qualche tempo si è attempati dopo i 75 anni di età – che a Brescia sono più del doppio dei giovani. Il 25% della popolazione in città ha più di sessantacinque anni ed i grandi anziani, con più di 95 anni, sono circa settecento. Ancora, sul totale, in sedicimila vivono da soli. Così l’amministrazione comunale deve fare i conti con risorse di poco sufficienti a soddisfare i bisogni ma destinate a non esserlo tra poco se il trend si manterrà costante su questa linea. E dei quasi 50 milioni di euro che la Loggia ogni anno mette a disposizione del sociale, oltre il 13% è impiegato proprio per far fronte ai bisogni di questa categoria di persone. Ma non basta perché le necessità sono molteplici. L’occasione per porre attenzione alla questione è il via libera che l’assemblea comunale ha dato al “Piano di zona 2018 2020” dell’ambito 1 che comprende i comuni di Brescia e Collebeato. A farsi portavoce della situazione bresciana è l’assessore ai servizi sociali in Loggia Marco Fenaroli che parla di una domanda in costante crescita e una risposta che può arrivare solo attraverso la sinergia dell’amministrazione con alle realtà del Terzo Settore, dai medici di medicina generale, ai farmacisti, psicologi, Ats e Asst. Non mancano certo le criticità in questo ambito a partire dalle risorse pubbliche che restano le stesse in uno scenario che cambia continuamente. A Brescia il tasso di vecchiaia è compensato dal numero degli stranieri residenti che è passato dalle mille presenze dell’inizio degli anni ’90 agli attuali 38mila, ai quali se ne devono aggiungere settemila che sono stati naturalizzati. Per dare risposte concrete è stato così steso un Piano che, pur basandosi sulle linee fondamentali di quello precedente, ha come obiettivo coinvolgere ancora di più i consigli di quartiere e i diciotto Punti comunità. L’obiettivo è quello di riuscire a garantire assistenza e cura in tempi rapidi senza gravare sulla famiglia. “Per fare questo” spiega Fenaroli “è necessario stabilire una corretta ed efficiente relazione tra Servizi sociali, Ats e Asst: dobbiamo aggiustare i vari protocolli di ingresso nelle strutture, creandone di intermedie, consapevoli anche dalle relazioni dei servizi territoriali, oltre che dalla testimonianza dei familiari, che il punto di crisi molto forte avviene alle dimissioni dagli ospedali».