Dall’Agenzia delle Dogane arriva, all’indomani dell’arresto di Giuseppe Caruso, suo funzionario oltre che presidente del Consiglio Comunale di Piacenza, una presa di distanze da qualsiasi reato commesso in veste di funzionario dall’indagato e soprattutto l’azienda si mette a disposizione dell’autorità giudiziaria con la volontà di collaborare per chiarire qualsiasi aspetto delle vicende sotto esame. La maxi inchiesta della Dda ha infatti travolto Piacenza con l’arresto nell’ambito di una vasta indagine contro la ’ndrangheta e le sue ramificazioni in Emilia Romagna. Con l’arresto del presidente del consiglio comunale di Piacenza, l’operazione ha comportato anche quello del fratello Albino e di altri 14 persone (compresi il boss Francesco Grande Aracri ed i figli Salvatore e Paolo). Nella nota l’Agenzia delle Dogane ricorda anche il Piano triennale di prevenzione della corruzione, adottato il 29 gennaio 2019, con l’impegno di rafforzare le procedure volte a prevenire fenomeni corruttivi. L’indagine ha coinvolto anche altri due piacentini, indagati per corruzione. Si tratta del presidente di un’azienda di Carpaneto, la Chero Piping, il milanese Giorgio Gottardo Belletti, e Graziella Barbieri, procuratore aziendale per la stessa ditta. I due grazie proprio all’aiuto di Caruso avrebbero potuto risparmiare una somma importante sui dazi doganali relativi all’importazione di merce proveniente dalla Cina. Tra le vicende principali toccate dall’indagine della Dda di Bologna contro la ‘Ndrangheta c’è il caso dell’azienda Riso Roncaia Spa, ditta del Mantovano che, in una situazione di difficoltà finanziaria, chiese aiuto ai fratelli Giuseppe e Albino Caruso. Dagli atti dell’inchiesta emerge, oltre a un supporto per far ottenere alla riseria una proroga nell’ambito di un finanziamento dell’Agea (l’agenzia per le erogazioni in agricoltura da parte dell’Unione Europa) quella che viene definita come la questione ‘Unicredit’, nella quale Caruso si prese il merito della risoluzione della problematica con la banca verso cui c’era un debito. Nella vicenda avrebbe assunto ruolo importante l’allora amministratore delegato di Unicredit Francesco Ghizzoni, piacentino, che non risulta però indagato e secondo gli investigatori è possibile che le persone che hanno parlato di lui nelle intercettazioni all’esame dell’indagine, stessero millantando la sua conoscenza.