Piacenza Associazione di stampo mafioso, estorsione, tentata estorsione, trasferimento fraudolento di valori, intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, danneggiamento e truffa aggravata. Sono queste le accuse nei confronti di 16 arrestati e tra questi anche il presidente del consiglio comunale di Piacenza Giuseppe Caruso e il fratello Albino. La vasta operazione della polizia denominata “Grimilde”, questa mattina ha portato ad una serie di misure cautelari nei confronti di presunti appartenenti alle cosche, che da tempo operano nelle province di Reggio Emilia, Parma e Piacenza, e storicamente legate ai Grande Aracri di Cutro. Un duro colpo dunque per l’ndrangheta in Emilia Romagna e che ha profondamente scosso la città di Piacenza. Durante la conferenza stampa che si è tenuta oggi in Procura è stato precisato che tutti i reati contestati a Caruso sarebbero stati commessi in qualità di funzionario delle dogane di Piacenza, ancora prima della sua rielezione in consiglio comunale e non c’è mai stata commistione con il suo ruolo politico a Palazzo Mercanti, ma gli ambiti sono sempre rimasti distinti. Questa mattina è stato perquisito il suo ufficio in Comune. Secondo le accuse il primo favore all’organizzazione, sarebbe stato far entrare un carico di merce di una società della cosca senza che venisse fatta pagare l’Iva. Inoltre a Caruso viene contestata l’aver procurato una finta fattura Mantova che commercializza riso, la quale doveva giustificare un ritardo su una fornitura legata a un finanziamento dell’Unione europea da sei milioni di euro. La stessa società, poi, sarebbe stata oggetto di estorsione nell’ambito di un contenzioso con un’azienda legata a un’altra cosca, per la fornitura di riso avariato. Il problema fu risolto nel corso di alcune riunioni a cui partecipò anche Caruso, ma i Grande Aracri poi imposero alcune condizioni in cambio del “favore”. Durante l’incontro con la stampa Caruso è stato presentato come un amico di Salvatore Grande Aracri, figlio del boss Francesco.