Cremona Solidale verso l’aumento delle rette

Di nuovo, sette anni dopo il tentativo della giunta Perri e dell’assessore Luigi Amore, circola sulle testate cremonesi la proposta di trasformare Cremona Solidale da azienda speciale in fondazione onlus. Sul territorio provinciale tutte le case di riposo sono fondazioni onlus, tranne quella del capoluogo, dove vige dai tempi della seconda giunta Bodini una formula particolare: la Fondazione città di Cremona detiene il patrimonio, mentre l’azienda di via Brescia è gestore di servizi sociosanitari, senza aver la proprietà degli edifici e dei terreni che utilizza. Le difficoltà di bilancio non sono mancate, anche perché la Regione non ha più aggiornato il sistema di finanziamento degli istituti per anziani, esigendo nel contempo nuovi adeguamenti strutturali per l’accreditamento dei servizi. Il rincaro delle rette, trainato dall’inflazione pur contenuta, è stato progressivo e inevitabile in tutta la Lombardia. Così via Brescia  si è ritrovata più volte in difficoltà di bilancio. Anche quest’anno sta per scattare l’aumento a carico delle famiglie, di ben 2,2 euro al giorno. Perciò è rispuntata la proposta della trasformazione in fondazione onlus, una sorta di privatizzazione morbida, con consiglio d’amministrazione di nomina comunale, meno tasse, meno trasparenza e maggiore autonomia, anche nei confronti dei lavoratori. Nel 2012 l’ex assessore si è era avvalso di una consulenza dello studio legale Martinoli, chiesta dalla Fondazione Città di Cremona, per riordinare il sistema del welfare cittadino, evitando la presunta contraddizione attuale, di avere un ente di natura strumentale che gestisce servizi sociosanitari e fa appalti. L’idea era dare tutta l’assistenza in carico al Comune, e formare una fondazione ad hoc per la sola casa di riposo L’ipotesi era stata bocciata dai sindacati e dal Pd, nel timore che la nuova fondazione riducesse i diritti dei lavoratori, visti i costi dell’ultimo rinnovo contrattuale. Per evitare l’aumento delle rette, bisognerebbe allora evitare altri aumenti del costo del lavoro. Ma la maggioranza di centrosinistra non ne vuole sapere.

– Paolo Zignani –