Prima di Mattia, il 38enne lodigiano dirigente dell’Unilever di Casalpusterlengo, identificato come «paziente uno», in Lombardia circolavano da 385 persone positive al Coronavirus. 59 risiederebbero nel cremonese. L’ipotesi nasce da uno studio italiano che ha analizzato i primi 5.830 casi confermati di Coronavirus in Lombardia in un arco di tempo compreso tra il 14 gennaio e l’8 marzo, suddiviso in tre periodi: il primo considera i pazienti sintomatici prima del 19 febbraio, il secondo quelli dal 20 al 25 febbraio e il terzo dal 26 febbraio all’8 marzo. Lo studio, che al momento è al vaglio della comunità scientifica, è stato realizzato da nomi autorevoli, tra cui Danilo Cereda, direttore della struttura malattie infettive della Regione Lombardia, e Marcello Tirani, del dipartimento di igiene e medicina preventiva dell’Ats di Pavia, in collaborazione con l’Ats Valpadana. Già l’assessore regionale al Welfar Giulio Gallera aveva spiegato che «l’epidemia si è aggirata indisturbata probabilmente per almeno venti giorni e poi è esplosa tutta insieme». Nel cremonese, i primi casi sintomatici risalirebbero al 5 febbraio a Crema, Paderno Ponchielli e in città. Altri 15 casi hanno interessato Spinadesco, Sesto, Castelverde, Bonemerse, Stagno Lombardo, Pieve d’Olmi, Casalbuttano, Soresina, San Bassano e Pizzighettone e Romanengo. Ad incuriosire i ricercatori c’è anche il Orzinuovi, uno dei focali della vicina provincia di Brescia, toccato il 15 febbraio. Da qui l’ipotesi di un pericoloso triangolo Codogno. Cremona-Orzinuovi.
