In che mondo viviamo?
Parliamo ancora dell’olio di palma. Amnesty International ha documentato nuovi avvenimenti andando sul posto e documentando tutto quello che succede davvero. Facendoci presente di come e chi sono costretti a lavorare in condizioni pericolose che violano qualsiasi diritto umano. Denunciando la situazione di donne, bambini e uomini indonesiani che lavorano nelle piantagioni di olio di palma.
Quindi già una gravissima situazione legata alla deforestazione e il conseguente stillicidio di habitat naturali che causano la morte di numerosi animali, in primis gli oranghi, si va ad aggiungere la dinamica dello sfruttamento del lavoro minorile e non solo.
Amnesty International ha intervistato 120 lavoratori all’interno delle piantagioni e delle raffinerie Wilmar: il gruppo di Singapore che controlla il 43% del mercato globale e rifornisce marchi come AFAMSA, ADM , Colgate-Palmolive, Elevance, Kellogg, Nestlé, Procter & Gamble, Reckitt Benckiser e Unilever.
Tutti marchi che pubblicizzano lo slogan di utilizzare olio di palma sostenibile, ma è al quanto falso visto che più fonti ci mostrano di come l’olio di palma è tutto tranne che sostenibile.
E’ come se si vivesse in grande bluff in cui le multinazionali cercano di convincere i consumatori sull’eticità dell’olio di palma. Infatti, sotto accusa c’è anche la certificazione di sostenibilità RSPO, usata anche da Nutella.
Le donne sono costrette a lavorare sotto il sole per otto ore di fila con uno stipendio di 2.50 l’ora con la minaccia di avere un taglio nello stipendio se provano a ribellarsi a questa dinamica. Il lavoro è precario, in nero, senza pensione o assicurazione.
Una delle donne ha raccontato ad Amesty International:
“Se non finisco il mio obiettivo, mi chiedono di continuare a lavorare ma non vengo pagata per il tempo supplementare, se non lo facciamo veniamo licenziati. È un lavoro difficile, i miei piedi fanno male, le mani sono ferite e la mia schiena a pezzi dopo il lavoro”
I bambini lavorano al pari degli adulti, un duro lavoro fisico di raccolta nelle piantagioni che dura 8 ore al giorno. Questo implica l’abbandono della scuola della maggior parte dei bambini che spinti dalla miseria e povertà, aiutano i genitori. Hanno tra gli otto e 14 anni e trasportano sacchi anche di 25 kg.
“Aiuto mio padre ogni giorno da circa due anni e ho dovuto lasciare la scuola. Mi alzo ogni giorno alle sei per raccogliere i frutti di palma. Mi dispiace non vedere più i miei compagni, volevo diventare un insegnate”, spiega un bambino ad Amnesty.
I lavoratori hanno problemi di salute legati alla fatica fisica e all’utilizzo di prodotti chimici altamente tossici nelle piantagioni di olio di palma. Senza tralasciare altri danni respiratori legati all’inquinamento degli incidenti boschivi.
Non esistono dispositivi di sicurezza e sono costretti a dover raggiungere obiettivi altissimi nel minor tempo possibile, utilizzando attrezzature manuali pesanti che lasciano un significativo dolore fisico. Sono controllati a vista e sanzionati se raccolgono frutti di palma da terra.
Cosa c’è di sostenibile in un olio di palma che sfrutta il lavoro minorile e forzato?
Scrivi