Il riscaldamento climatico minaccia la vita delle balene australi

Uno spettacolo unico che si ripete ogni anno tra aprile e dicembre quando circa 4.000 balene franche australi migrano dall’Oceano antartico sino alle più calde acque della Penisola di Valdes, nell’Argentina meridionale per riprodursi, partorire e nutrire la prole. Prima di tornarsene in Antartide per riacquistare il peso corporeo perduto con abbondanti libagioni di krill, microscopici piccoli crostacei che vivono concentrati nelle acque più fredde e polari, anello fondamentale della catena alimentare dello zooplancton.Un anello messo in pericolo dal riscaldamento globale e che minaccia di turbare profondamente la vita e le rotte migratorie delle balene australi.”Negli anni in cui le temperature marine salgono anche di poco oltre la norma, si registra un declino nella disponibilità di krill, una delle principali fonti di cibo delle balene”, spiega Mariano Sironi, direttore scientifico del Whale Conservation Institute. “E negli anni con meno krill, nascono meno balene e la stessa sopravvivenza nei neonati è a rischio. È tutto collegato. La produzione di krill in Antartide influenza la sopravvivenza delle balene nella Penisola di Valdes, a migliaia di chilometri di distanza”.Al momento la situazione si presenta in maniera ambivalente. I ricercatori hanno osservato un numero anomalo di morti tra le balene migrate in Argentina, per lo più piccoli sotto i tre mesi. D’altro canto, la popolazione delle balene che si riproducono in Argentina, Sudafrica e Australia cresce del 6% circa ogni anno. Grazie al bando della caccia alle balene, illegale dal 1935 quando erano giunte sull’orlo dell’estinzione.Intervenire si può. Anche nel caso del global warming. (Immagini Afp)