Si tratta di una piccola nazione di Timor Est, Paese del Sudest asiatico che occupa metà dell’isola di Timor a nord dell’Australia, si sta preparando a diventare il primo paese ‘plastic neutral’ al mondo.
E’ stato firmato un accordo per costruire un rivoluzionario impianto di riciclaggio chimico della plastica del costo di 57.7 milioni di dollari, basato su una nuova tecnologia australiana che offre una soluzione potenziale alla crisi globale causata dalla decisione della Cina di non accettare più rifiuti di plastica da riciclare.
Si tratta del primo impianto in grado di disintegrare la plastica in pezzetti minuscoli per poi permettere di riutilizzarla per creare nuova plastica, carburante o cera dura, il cui olio è usato in prodotti di bellezza. Potrà trattare circa 20 mila tonnellate di plastica di scarto ogni anno e produrre circa 17 mila tonnellate di carburanti sintetici.
“Funziona come una pentola a pressione, ma in continuità. Il materiale, in condizioni di alta pressione e alte temperature, induce una depolimerizzazione radicale, in altre parole l’acqua e il calore nell’impianto causano un effetto di forbice, che taglia la plastica in minuscoli frammenti”, ha spiegato l’inventore della tecnologia Thomas Maschmeyer docente di chimica all’Università di Sydney, al Sydney Morning Herald.
“Questi frammenti sono liquidi o gassosi a seconda della grandezza in cui li tagliamo. Poi si possono usare processi esistenti per creare prodotti convenzionali, plastiche, cere, oli lubrificanti, solventi”, aggiunge.
“Concettualmente, l’obiettivo è di trasformare la plastica da rifiuto a risorsa economica. Vogliamo che il problema dei rifiuti di plastica si possa autoregolare”.
La tecnologia viene concessa a Timor Est gratuitamente, spiega ancora Maschmeyer, perché “l’idea di una nazione ‘plastic neutral’ è può essere un esempio di importanza globale”.