“Stop ai combustibili fossili, sì alle rinnovabili”

Da stamattina gli attivisti di Greenpeace protestano pacificamente presso la piattaforma di estrazione “Prezioso” di Eni mediterranea idrocarburi, nel Canale di Sicilia, al largo della costa di Licata (Agrigento). Con l’appoggio della nave Rainbow Warrior, una decina di attivisti ha scalato la piattaforma appendendo uno striscione su cui è raffigurato il presidente del consiglio Matteo Renzi che promette “Più trivelle per tutti”, accompagnato dalla richiesta di Greenpeace “Stop fossil, go renewable”. Altri attivisti si trovano su una zattera di salvataggio gonfiabile che hanno ancorato alla piattaforma. Sulla zattera si leggono altri messaggi che chiedono di abbandonare le fonti fossili, fermare le trivelle e scegliere le energie rinnovabili. Di seguito le motivazioni della loro protesta, come riportato nel comunicato: “L’azione di Greenpeace è rivolta contro il decreto Sblocca Italia che promuove una deregulation selvaggia delle attività di ricerca ed estrazione di idrocarburi a mare e rischia di tradursi
in un vero e proprio “Sblocca trivelle”. Il governo Renzi vuole dare
il via libera allo sfruttamento delle scarse riserve di petrolio
presenti sotto i nostri fondali. Eppure l’Italia dovrebbe essere
impegnata – avendo la Presidenza di turno del Consiglio UE – a guidare
l’Unione verso obiettivi più ambiziosi di difesa del clima, puntando
con decisione su fonti rinnovabili ed efficienza energetica e
consegnando al passato le fonti fossili. “Siamo entrati in azione per contrastare una politica ‘fossile’ sballata, in controtendenza con ogni ragionevole scenario energetico e opposta a ogni strategia di valorizzazione delle vere risorse dell’Italia: il mare, il paesaggio, la biodiversità. Renzi è sulla strada sbagliata, e fin quando la percorrerà troverà sempre la forte
opposizione di Greenpeace”, ha affermato Andrea Boraschi, responsabile
della campagna Energia e Clima dell’associazione.
Non distante dalla piattaforma dove si svolge l’azione, ENI vorrebbe
realizzare una nuova piattaforma, due pozzi esplorativi, sei pozzi di
produzione e i relativi oleodotti. Alcuni di questi pozzi sarebbero a
sole 11-12 miglia nautiche dalla costa. Questo progetto, denominato
“Offshore Ibleo”, ha già ricevuto una Valutazione d’Impatto Ambientale
positiva. Contro questo provvedimento, Greenpeace e una larga
coalizione di associazioni e 5 amministrazioni locali interessate dal
progetto, ha promosso un ricorso presso il Tar del Lazio. La VIA, come
mostrato da Greenpeace in un rapporto, è fortemente lacunosa e approssimativa.
Secondo le valutazioni del ministero dello Sviluppo economico ci
sarebbero nei nostri fondali marini circa 10 milioni di tonnellate di
petrolio di riserve certe. Stando ai consumi attuali, coprirebbero il
fabbisogno nazionale per appena 8 settimane. Già oggi le aree marine
richieste o già interessate dalle attività di ricerca di petrolio si
estendono per circa 30 mila chilometri quadri, cinquemila in più
rispetto allo scorso anno. Sul bacino del Mediterraneo si concentra
più del 25 per cento di tutto il traffico petrolifero marittimo
mondiale, già responsabile di un inquinamento da idrocarburi che non
ha paragoni al mondo.
La deregulation che il governo nazionale sta promuovendo riguardo
l’estrazione di idrocarburi in mare è in contrasto con due direttive
europee e rischia di esporre l’Italia a costose procedure
d’infrazione. Non è disponibile alcuna stima di come queste attività
impatterebbero negativamente su altri settori, tra cui il turismo e la
pesca sostenibile. Soprattutto questa prospettiva economica è
insensata da un punto di vista energetico, creerebbe ben poca
occupazione, scarsissimo gettito fiscale e sarebbe in aperto conflitto
con gli impegni presi dallo stesso presidente del Consiglio per
decarbonizzare presto la nostra economia.
“Renzi ha detto che non si può rinunciare a estrarre il nostro
petrolio, poco e di scarsa qualità, per l’opposizione di tre o quattro
comitatini locali. È male informato: non si tratta di piccoli
comitati, ma di una rete di migliaia e migliaia di persone, che si va
organizzando per proteggere il mare, le coste, il turismo, la pesca
sostenibile, la bellezza del Paese”, ha concluso Boraschi.