Peta, l’organizzazione no-profit a sostegno dei diritti animali, ha deciso di mostrare al mondo, con un video denuncia, cosa accade alle aragoste e ai granchi, prima di finire come “cibo gourmet” nei nostri piatti. La visione antropocentrica dell’uomo deve affrontare la realtà: non siamo gli unici esseri senzienti sulla Terra; questi animali non sono poi così diversi dagli umani: hanno un periodo di gestazione di 9 mesi, possono vivere fino a cent’anni e soprattutto, sono capaci di provare dolore. Prima di finire nel piatto vengono spesso sottoposte alle più svariate crudeltà: corpi lacerati in due, chele staccate con la forza e scheletri ammassati in una cesta per ore (tutto questo quando il crostaceo è ancora vivo). Il video, girato da una persona infiltrata nella cucina di un ristorante per assistere alla preparazione dell’animale, mostra in maniera cruda e diretta la violenza di questa pratica. Le conferme sulla capacità delle aragoste di provare dolore vengono dal mondo della scienza e smentiscono le affermazioni dei rivenditori. Quando si tiene un animale del genere in un cesto, può soffrire di stress, a causa dell’isolamento, del basso livello di ossigeno o, al contrario, del sovraffollamento di corpi nel contenitore. La maggior parte degli scienziati concorre nel ritenere il sistema nervoso delle aragoste, un sistema “complesso”. Secondo Jaren G. Horsley, “l’aragosta non possiede un sistema nervoso autonomo che lo metta in uno stato di shock quando viene colpito. E’ probabile che senta di essere tagliata in due.” “Credo”, continua, “che soffra molto e che senta il dolore fino al punto in cui il suo sistema nervoso viene distrutto quando viene cucinato”. Il problema è che nessuno scienziato è riuscito, finora, a trovare un metodo meno disumano di uccidere queste creature del mare. Un’altra crudeltà a cui sono sottoposte è essere tenute per giorni nelle vasche dei centri commerciali o dei ristoranti, con le chele legate, in attesa di essere acquistate o cucinate. Anche il metodo solitamente usato in casa – la bollitura in pentola – è stato definito, dallo scienziato Gordon Gunter “un’inutile tortura”. Quindi, riflettiamo prima di ordinare un piatto con dentro un essere che ha sofferto fino agli ultimi istanti della sua esistenza.