Dall’Etiopia alle montagne del Trentino con lo stesso obiettivo: attivare progetti di agricoltura e allevamento sostenibile. Agitu Ideo, gli amici italiani la chiamano Agi, ha 36 anni e ha scoperto Trento da studentessa e si è innamorata, tanto da decidere di stabilirsi qui 5 anni fa: lei e la sua famiglia di pastori nomadi sono scappati da Addis Abeba, dove lottavano contro il land grabbing, lo sfruttamento intensivo del terreno da parte delle multinazionali. A Valle San Felice, in val di Gresta, ha deciso di allevare la capra di Razza Pezzata Mochena, tipica di queste zone, da dove stava scomparendo: oggi ha 43 capre, 25 di questa razza.”Quando ho iniziato a recuperarle c’erano solo 10 esemplari – racconta – sono capre rustiche che richiedono meno risorse e si adattano perfettamente a un’agricoltura sostenibile: si nutrono e nutrono la terra, mangiano e concimano”.La convivenza con l’orso non le ha mai dato problemi. “E’ una convivenza fattibile: in primavera abbiamo la presenza dell’orso, in quel periodo che è delicato per l’inizio lattazione e i parti dormo in macchina dove ci sono le capre: con fuochi d’artificio e petardi dò un messaggio all’orso del tipo ‘guarda ci sono non venire’. Non ho mai avuto danni”.Agi si sveglia presto la mattina per andare a mungere le capre, a mano, poi porta il latte in paese e inizia a lavorare al bar: alle 5, dopo il turno, torna a mungere. La sera è dedicata alla produzione di formaggio di dieci tipi diversi, che poi vende: la sua azienda si chiama “La capra felice”. “E’ molto impegnativo ma mi sento viva e felice”.Agi si batte perchè la gente del posto sfrutti le risorse locali: per questo invita i bambini ad aiutarla nella mungitura. La sua storia è un esempio per i giovani, spesso disoccupati e disillusi: lei li invita a “darsi una mossa” e ingegnarsi per difendere e sviluppare un territorio che è anche una grandissima risorsa economica.