Parliamo del team di ricercatori di Pisa, hanno scoperto grazie alla combinazione di tecniche di chemo-genetica e risonanza magnetica funzionale, hanno osservato in tempo reale le regioni cerebrali che si accendevano. Grazie a questa combinazione sappiamo come funziona la “molecola della felicità”.
Lo studio dell’Università di Pisa, pubblicato su Cell Reports, è il risultato della collaborazione tra il gruppo di ricerca guidato da Alessandro Gozzi del Center for Neuroscience and Cognitive System dell’Istituto Italiano di Tecnologia (Cncs-Iit di Rovereto) e quello di Massimo Pasqualetti del dipartimento di Biologia dell’ateneo pisano. Insieme hanno osservato in tempo reale e ripreso ciò che accade nel cervello quando è stimolato dalla serotonina.
Per poter catturare pochi secondi di felicità ci sono voluti quattro anni di lavoro, svolgendolo su due binari: da una parte la chemogenetica per lo sviluppo di un modello animale in cui, attraverso la somministrazione di un farmaco, sono stati attivati selettivamente i neuroni che producono serotonina. In una fase successiva, la ricerca ha potuto imboccare il secondo binario: l’osservazione delle reazioni intracellulari attraverso la risonanza magnetica funzionale.
“Solo grazie alla combinazione delle due tecniche abbiamo potuto vedere, nel dettaglio e minuto per minuto, che questa specifica popolazione di neuroni attiva tutti i distretti del cervello, ma non nello stesso momento. Le aree che si sono accese in una manciata di secondi sono l’ippocampo e la corteccia cerebrale, non a caso le due regioni deputate a regolare il comportamento emotivo. Proprio le due strutture cerebrali che mostrano deficit funzionali nel caso di patologie neuropsichiatriche come la depressione”. ha piegato Massimo Pasqualetti.
In particolare, lo studio è basato sulla scansione temporale che rivela la quantità di sangue raggiunta in un dato distretto cerebrale. Così l’occhio umano ha potuto finalmente vedere, sulle cavie in stato di sedazione, dove i neuroni del cervello hanno lavorato di più.
Le scoperte in questione ci aiuteranno a svelare il meccanismo della neurotrasmissione serotoninergica ma soprattutto ci aprono la strada a una maggiore comprensione e quindi a possibili nuove cure, di importanti patologie come l’ansia, la schizofrenia e l’autismo.