Nell’ultimo trimestre dell’anno in Italia ci si ammala di meno eppure le liste di attesa si allungano considerevolmente. Le prestazioni specialistiche fra ottobre e dicembre calano ad esempio del 7% in Lombardia, del 6% in Emilia Romagna. A livello nazionale si passa dai 189,6 milioni di prestazioni ambulatoriali del primo trimestre, ai 170,5 milioni di ottobre, novembre e dicembre; quasi 20 milioni in meno. Eppure, anche se può sembrare paradossale, si allungano le liste d’attesa.
Se infatti a gennaio, febbraio e marzo oltre il 90% dei pazienti, riesce a fissare un appuntamento entro i tempi indicati dal medico sulla ricetta, cioè fra i 30 ed i 90 giorni, nell’ultimo periodo dell’anno, la percentuale cala anche di tre punti.
Lo dice un report appena completato da Polis Lombardia, l’istituto per il supporto alle politiche della Regione. Spulciando i dati si arriva rapidamente a capire il perché di questo fenomeno. Le strutture sanitarie, in particolare quelle private convenzionate con il Servizio sanitario nazionale, continuano ad erogare prestazioni finché il budget lo consente. Quando si arriva a fine anno e non ci sono più soldi slittano all’anno successivo prestazioni come risonanze magnetiche, tac, ecografie, gastroscopie, visite cardiologiche, ginecologiche, ortopediche e controlli specialistici. Se le cliniche e gli ospedali privati continuassero ad erogare cure non se le vedrebbero più rimborsare, mentre nel pubblico i Direttori Generali si guardano bene dal sforare i bilanci e devono necessariamente chiudere in pareggio.
Quello che il privato non riesce a fare viene scaricato sul pubblico e si allungano le liste di attesa, con buona pace di chi, paziente, ha bisogno di una diagnosi in tempi rapidi.