UBS scarica l’ILVA

Sembra incredibile che lo stato italiano non abbia ancora trovato la soluzione del problema mentre dall’Europa il segnale è forte e chiaro: l’ILVA non può continuare a inquinare e a uccidere! L’Europa lo ha detto con le sanzioni, lo conferma attraverso uno studio della banca UBS, la nota banca svizzera che chiede esplicitamente la chiusura dell’impianto siderurgico.

“In Europa esiste una sovracapacità produttiva di acciaio; è giusto fare a meno dell’industria più obsoleta e pericolosa che ci sia in giro”, afferma UBS, un membro del sistema finanziario che governa le istituzioni politiche.

Lo studio redatto dalla banca dal titolo “Il futuro dell’Ilva, il destino dell’industria siderurgica europea”, non lascia spazio ad alcun dubbio. Nel vecchio continente esiste un problema di sovracapacità produttiva per quel che concerne l’acciaio. Un eccesso dell’offerta calcolato in 20 milioni di tonnellate annue. Ragion per cui è quantomai necessario tagliare. Da dove iniziare se non dall’impianto più obsoleto e mal ridotto che esiste in giro? Quello che in tutti questi anni, con la complicità dello Stato (e non solo), ha determinato morte e malattie tra gli abitanti della terza città dell’Italia meridionale.

UBS sconsiglia ArcelorMittal all’acquisto di ILVA. Proprio in questi giorni, infatti, una rappresentanza franco-indiana di ArcelorMittal è stata in visita a Taranto per valutare una eventuale acquisizione e il colosso industriale, nato dalla fusione delle due grandi aziende omonime del settore, sembra interessata all’acquisto. Alla ArcelorMittal, che ha sede in Lussemburgo ed è leader del mercato nella fornitura di acciaio per l’industria automobilistica, UBS dice “attenzione” in quanto il mercato dell’acciaio richiede una revisione e l’impianto tarantino è sotto tutela giudiziaria ed è inutile mantenerlo in piedi.

“Si tratterebbe di un investimento  che nel giro di pochi anni, si legge nelle note a margine dello studio redatto dall’istituto di credito elvetico, si rivelerebbe fallimentare. Sembra non esistere alcuna soluzione di continuità tra la maggiore impresa italiana e il Paese: ambedue legate dallo stesso destino e sconfitte sul terreno dell’affidabilità e della serietà. Non è un caso che, proprio sulle politiche ambientali, l’Europa consideri l’Italia uno Stato canaglia.” Così riporta Cosmopolis nel suo articolo del 27 giugno che linkiamo: http://www.cosmopolismedia.it/categoria/13-economia/6506-l-acciaio-europeo-si-salva-se-chiude-l-ilva.html

Intanto a Taranto si è insediato il commissario Piero Gnudi; nuovo il commissario e nuovo il presidente Matteo Renzi dell’Unione Europea. Vedremo quali saranno le loro scelte ambientali e finanziarie. Vedremo se e come riusciranno a trovare entro quest’anno gli 800 milioni per eseguire i lavori richiesti dall’AIA per ILVA o se preferiranno seguire i consigli dati da UBS che porterebbero su altre strade.